Renzo Vivalda è in pensione da poco più di dieci anni. Dieci anni in cui non avrebbe resistito un solo istante a stare lontano dai fuochi e dalle pentole di una cucina che ha visto nascere. Anzi. Quella cucina c’era già quando lui venne al mondo nella prima parte del Novecento. Dal 1994 Antica Corona Reale è in mano al figlio di Renzo Vivalda, lo chef Gian Piero Vivalda, a cui diamo il più caro e grato “benvenuto” per essere nel gruppo dei nostri cinquanta grandichef.com, che racconteremo nei prossimi mesi. Nel frattempo, Antica Corona Reale racconta, sul portale di famiglia, i propri albori e fa sapere che la storia ebbe inizio quando “nel diciannovesimo secolo, nel cuore di una piana cuneese sospesa tra Langhe e Monviso, in una bisecolare cascina di famiglia apriva i battenti la prima gestione di una locanda a metà tra mescita e stazione di posta.” Una storia scritta anche nei documenti comunali di Cervere che datano 1855, “l’anno in cui Alessandro Vivalda lega il proprio nome alla cura del locale.” Una nuova gestione che, si presume, arrivasse da altre mani attraverso “un avvicendamento interfamigliare che gli archivi parrocchiali fanno risalire al 1815 quando un locale di ristoro apriva i battenti in quel borgo rurale allora remoto ed infinitesimale. Un segno di quei tempo è ancora, intatto, lungo le linee, i colori e le forme delle mura e nella struttura attuale che si ammira stando presso l’Antica Corona Reale. “Rurale nelle stesse stimmate architettoniche: quelle che oggi sono le eleganti sale e che risalgono come struttura portante ad un periodo decisamente più antico, il XVII secolo.” Erano stallatici e scuderie. Qui a fianco dell’aia e del cortile ogni giorno gli attori di questo microcosmo riaccendevano con ruvida naturalezza le usate dinamiche famigliari, insieme agli usati paioli di rame. Atti e documentazioni illuminano molto più limpidamente tutto il periodo successivo.”
Siamo a 17 km da Savigliano, a 34 da Cuneo, a 9 da Bra, a 11 da Fossano e a soli 50 da Torino. Oggi Cervere ha poco più di duemila abitanti e secondo alcuni autori, deriverebbe il suo nome dal latino Area Cervorum, ricordo di una riserva o parco di cervi connesso agli abitati di Pollentia, Augusta Bagennorum, Alba Pompeia. A Gian Piero Vivalda tocca difendere il blasone di una famiglia operosa e concreta, il buon nome di un posto che ha due stelle Michelin, che si è fatto vanto di una comunità e di una provincia. Gian Piero ha imparato dai nonni, dal papà, dalla mamma. Ognuno ha messo qualcosa di importante nella crescita umana e professionale di uno chef che sa coniugare la migliore tradizione alla migliore innovazione: profumi e colori, ortaggi, fiori e frutti coltivati attorno alla stessa struttura. Uno chef a cui quando è stato chiesto di raccontare davanti ad un telecamera che cosa fosse e da dove venisse Antica Corona Reale non si è tirato indietro assieme al papà Renzo.
Una storia che mette assieme almeno cinque generazioni e si pone a simbolo in una regione di frontiera, tra l’Italia e la Francia, di quel Piemonte che ha dato ingredienti, ricette, tenacia, natali e passioni a vite straordinarie. Oggi l’Antica Corona Reale è vita d’inverno e d’estate. è accoglienza, è Relais & Châteaux, è un connubio tra passato e futuro, è la coesistenza di Renzo che troviamo, per fortuna, ancora in cucina, e Gian Piero che sa guidare un’azienda ed un gruppo con entusiasmo e competenza, è un moderno laboratorio di panificazione costruito accanto al ristorante che nel periodo prima di Pasqua, per esempio, sforna la Colomba stellata di Gian Piero Vivalda. “Il credo e l’obbiettivo di Gian Piero – si annota sul portale dell’Antica Corona Reale – sono la ricerca della giustezza di ogni particolare, non solo culinario ma d’insieme; però la sostanza, ovvero la materia prima, viene necessariamente prima di tutto, e con lei l’affinamento della tecnica inteso come ottimizzazione dell’alimento, il tutto attraverso studio, approfondimento ed esperienze in cucine pluristellate del panorama europeo. Ai prodotti nobili della cucina piemontese e cuneese nello specifico si aggiungono di volta in volta pregevolezze gastronomiche extraregionali. Ai tagli nobili del Fassone piemontese, ai funghi porcini della Val Pesio, ai capretti della Valle Stura, a tartufi bianchi d’Alba, formaggi d’Alpeggio a fermentazione naturale, lumache “Helyx Pomatia” e molte altre chicche locali oggi tutte DOP, si aggiungono scampi e gamberi rossi del Golfo Ligure, bottarga di muggine, lardo di Colonnata, oli umbri e siciliani, caviale iraniano, solo per citarne alcuni.
Gian Piero Vivalda ha mosso i suoi primi passi a Cervere, quel fazzoletto di case e vicende che segue le rive del fiume Stura di Demonte. Lì dove la famiglia Vivalda ha abitato dal 1815 al numero 13 di Via Fossano dove, nella seconda parte del Novecento Gian Piero Vivalda, assieme ad Eugenia, sorella di Gian Piero, da Giacomina e Renzo. La culla era accanto alla cucina, al nonno Eugenio da cui ha appreso tutte le regole di base per poter stare in un’azienda che trasforma pregiate ed eccellenti materie prime in piatti rinomati. Aiutava così la famiglia Gian Piero. Con un passo in cucina quando si doveva realizzare la preparazione di base per il servizio ed un passo in sala, con la mamma Giacomina quando c’era da gestire gli ambienti del ristorante. Scuola alberghiera al “Giolitti” di Mondovì, lavoro d’inverno a Limone Piemonte, St.Moritz, Cortina. Poi l’estate in sedi balneari. Quando nel 1988 finirà gli anni della scuola alberghiera si apriranno, per lui, le porte per lavori in giro per l’Europa mettendo assieme le regole e i livelli di maestri come Dutournier, Georges Blanc, Alain Ducasse. Nel 1994 diventa già proprietario del ristorante per volere della famiglia ma cercava ancora qualcosa da capire nelle sue trasferte francesi e non solo. Quando rientra definitivamente a Cervere il passo è breve, la cucina sa essere tradizionale e innovatrice, sa utilizzare i prodotti locali assieme ad ingredienti che fanno innovazione. Arriva così, nel 2003 la sua prima stella Michelin. Sette anni dopo, nel 2010, arriva la seconda assieme a molti altri premi raccolti. C’è un’insalata di piccione calda con carote di San Rocco (o spinaci) e finocchio dell’orto casa sulla tavola di Gian Piero Vivalda. C’è un piccione d’allevamento al tegame con barbabietola e cipolle, o con ciliege raccolte negli spazi esterni che stanno d’intorno orto. C’è il rabarbaro, i porcini saltai. Georges Blanc amava cucinare piccioni in molti modi. Oggi Gian Piero li acquista da un piccolo produttore locale che li alleva per il ristorante. Li si trova in tutte le stagioni , hanno carne tenera si addicono perfettamente ad una cucina d’ispirazione piemontese. Qui ci sono i piatti che i clienti sanno di trovare sempre assieme ai piatti nati dall’estro creativo dello chef. Il 30% delle verdure di stagione arrivano dall’orto di casa raccolte nella stessa giornata in cui si mettono a tavola. C’è uno spiedo a mattoni, tra i pochi rimasti in zona, dove ci riescono a fare le migliori cotture alla brace. Qui il capretto è di Roccaverano e sul tema della pasta fresca Antica Corona Reale può vantare sette tipi di ravioli con i quali si compone anche il piatto di Cavour.
In otto anni trascorsi dal conferimento della seconda stella Michelin, Gian Piero Vivalda non ha solo difeso con rigore i risultati raggiunti ma anche e soprattutto fatto diventare l’Antica Corona Reale una certezza dell’alta enogastronomia italiana e piemontese in particolare. Ha portato a tavola piatti di pesce per un connubio nato con la Cooperativa dei pescatori di Savona che forniscono tre volte a settimana: i gamberi viola di Sanremo, il tonno di Favignana e molti altri altri tipi di pesci. Tra gli ingredienti ci sono le lumache di Cherasco e un posto a parte meritano i porri che qui hanno la patria. Una nota d’encomio merita anche l’uovo ‘terme’ che è chiamato così perché qui cuoce a temperatura termale (37°C) per ben 20 minuti. Gian Piero lo fa servire a tavola accompagnato, a seconda della stagione, ora dal tartufo, ora dal cardo gobbo e topinanbur, ora da gamberi e piselli. Si tratta di una delle portate che ha avuto le maggiori curiosità in questi anni. Ci piace e ci onora pensare che nei prossimi mesi, raggiungendo più volte Cervere, potremo raccontare da vicino e far raccontare gli angoli di una storia familiare esaltante che è diventato un patrimonio anche culturale senza mai ostentare, mai mettersi in mostre mediatiche, mai davanti a platee improprie, ma riuscendo, con grande efficace, a difendere ed onorare il blasone di una cucina, regionale e nazionale, di cui andare orgogliosi.