Cinque anni fa Aimo e Nadia hanno consegnato il “testimone” di un’altra bella storia italiana che ha reso prestigio e fama ad una delle cucine più apprezzate del mondo. Oggi il Luogo di Aimo e Nadia è una company con dentro Stefania, figlia di Aimo e Nadia, che ne è cuore e anima assieme agli chef, anch’essi proprietari di una quota nella company, Fabio Pisani e Alessandro Negrini (nella foto che segue). Loro due, assieme, per essere, anche, quell’ideale connubio – date le loro origini, tra il sud e il nord d’Italia.
Eppure, dietro il nuovo corso del Luogo di Aimo e Nadia c’è una storia che affonda le sue radici nel cuore del Novecento. Questo articolo è soprattutto un tributo a quella storia, ad Aimo e Nadia che l’hanno percorsa fino a cinque anni fa. Una storia di quelle davanti alla quale occorrerebbe mettere, a iosa, decine e decine di giovani. Non solo per imparare che nella vita i sogni hanno bisogno di tenacia e che ogni tipo di gratificazione e risultato ha dietro un percorso di lavoro e d’impegno, ma soprattutto perché difendere i risultati acquisiti richiede, di gran lunga, non solo un impegno identico ma anche altro. Qui tutto cominciò più di mezzo secolo fa quando la buona cucina italiana era trattoria, intrattenimento, tipicità, connubi semplici e consolidati. “Aimo Moroni era nato – si legge nella nota biografica ufficiale – a Pescia, in Toscana nel 1934. Alla fine della guerra, nel 1946, era arrivato a Milano”. A ventuno anni, “nel 1955 con l’aiuto della mamma Nunzia, cuoca, prende in gestione la cucina di un ristorante in via Copernico.” A ventuno anni si ha l’entusiasmo alle stelle con la curiosità di scoprire quel che la vita ci ha dato e ci darà in serbo. Dipende da noi. Dipende da lei. “Nel 1957 – racconta ancora la bio di famiglia – Nadia, amica d’infanzia e vicina di casa, viene a Milano e qui rimarrà per sempre, a fianco di Aimo, moglie, compagna di vita e di lavoro.” Cinque anni appena furono sufficienti per capire assieme dove si sarebbe voluti arrivare. L’anno cruciale arrivò, più o meno, cinque anni dopo quel sodalizio e la permanenza a Milano. “Nel 1962 Aimo e Nadia si mettono in proprio e aprono un locale interamente gestito da loro in via Montecuccoli, dove tuttora ha sede il Luogo. Era una semplice trattoria, nella quale Aimo e Nadia costruiranno il loro progetto”. Una città in pieno fermento. Dove anche la enogastronomia italiana vuole guardare avanti, trasformarsi per mano di mani operose e di gente che ha voglia di riscatto e di soddisfazioni.
Durante quegli inizi, Aimo e Nadia propongono alla loro clientela una cucina legata alla comune terra di origine, la Toscana, di cui conoscono storia, tradizioni, prodotti, e dalla quale provengono molte materie prime che utilizzano; allo stesso tempo iniziano a conoscere cibi provenienti da altre regioni con i quali sperimentano nuovi piatti e abbinamenti. Sono anni faticosi, di grande lavoro, nella ricerca di una propria via per esaltare quei prodotti che vanno mano a mano scoprendo e trovare un proprio modo di dare valore al ricco patrimonio enogastronomico nazionale, in quegli anni considerato lontano dalla cucina “alta”, di impostazione prettamente francese. Un percorso che comincia a definirsi a partire dalla fine degli anni Settanta, quando anche la stampa, insieme alla nascente critica gastronomica italiana, scopre questa semplice trattoria che, scrivono, “ha fatto la grande rivoluzione”: ottime materie prime, grande rispetto dei sapori originari, una cucina che ha come elemento centrale la bontà degli ingredienti proposti in modo non tradizionale, ma nel rispetto di quella qualità che si esprime attraverso la loro storia, la provenienza geografica, la sapienza e cura nel produrli, fino a lasciar emergere tutta quella ricchezza non evidente che quei buoni cibi possono raccontare.
Gli anni Ottanta sono di grande fermento: viene approfondito tutto il lavoro degli anni precedenti, si affina il loro stile di cucina giungono primi importanti riconoscimenti dalla stampa. Contestualmente il locale viene rinnovato più volte, per offrire un’ospitalità in uno spazio coerente con la proposta gastronomica. Sono gli anni in cui Aimo e Nadia prendono coscienza che il loro sodalizio, umano e professionale, sta portando ottimi frutti: uno è arrivato con la cicogna e si chiama Stefania, la loro figlia. Le tre foto che seguono fanno epoca se si pensa che mentre nella prima la trattoria iniziale di Aimo e Nadia si era trasformata, per migliorare, in più occasioni anche esteticamente. La foto al centro dice per intero tutto il clima di un periodo durante il quale la cucina italiana fa un grande salto in avanti: diventa ricerca, gourmet, capacità di rinnovare e far evolvere una tradizione. Gualtiero Marchesi, nella foto, fa strada ma attorno a lui ci sono molti altri brillanti esecutori di una trasformazione che in atto. C’è anche Aimo e Nadia. La terza foto ritrae il primo lavoro di Stefania intenta ad assaggiare cibi sin da piccola quando cioè la vocazione è dettata dalla curiosità più alta.
Un salto rapido e la piccola Stefania, figlia di Aimo e Nadia non è più piccola. Dacché “gli anni Novanta vedono la sua partecipazione all’attività di famiglia, con iniziative che consentono di diffondere la conoscenza di questa cucina in Italia e all’estero. Aimo e Nadia vengono riconosciuti internazionalmente come coloro che hanno saputo trovare il modo di interpretare e riproporre in veste innovativa la ricca cultura gastronomica italiana. In questi stessi anni si avvia la collaborazione con l’amico, oltre che artista e scienziato Paolo Ferrari e il Centro Studi Assenza da lui diretto, da cui nasce il progetto del Luogo tuttora in progress.” Il futuro stava nascendo e anche l’evoluzione di un percorso iniziato dai giovani Aimo e Nadia. “Il nuovo Millennio si apre all’insegna del passaggio anche per la storica insegna per merito di giovani motivati e professionisti che iniziano a collaborare con Aimo, Nadia e Stefania diventando, dopo qualche anno, coloro con i quali, senza mai tradire le origini, prende forma la fisionomia attuale de Luogo di Aimo e Nadia e porta i nomi di Stefania, figlia di Aimo e Nadia che è l’anima e il cuore del Luogo di Aimo e Nadia, ma anche di Fabio Pisani e Alessandro Negrini che sono in cucina, di Nicola Dell’Agnolo che è in sala e del sommelier Alberto Piras. Una conferma che si sta percorrendo la strada giusta arriva nel 2014 quando il Luogo di Aimo e Nadia entra a far parte dell’associazione Relais&Chateaux.
Dei due chef che oggi sono nel Luogo di Aimo e Nadia a difendere i risultati raggiunti e a costruirne altri si possono ammirare molte qualità umane e professionali. “Fabio Pisani e Alessandro Negrini – scrive la nota di casa – sono i giovani cuochi che hanno raccolto il testimone di Aimo e Nadia nella storica insegna milanese. Insieme a Stefania, figlia di Aimo e Nadia, sono oggi gli eredi di quello stile unico capace di raccogliere in un gesto contemporaneo l’eredità della ricca storia gastronomica nazionale, arricchendola e stratificandola con nuovi significati e segni.
Fabio Pisani è nato nel 1978 a Molfetta in provincia di Bari dove si è diplomato cuoco. Ha lavorato presso importanti maison europee: tre anni a Parigi al Grand Vefour, due anni a Londra al Waterside Inn, un anno al ristorante Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, per poi approdare presso Il Luogo di Aimo e Nadia nel 2005.
Alessandro Negrini, invece è nato a Caspoggio in Valmalenco in quello stesso 1978. Si è diplomatosi alla scuola alberghiera di Sondrio lavorando, in seguito, al Hotel Palace di Saint Moritz e al Gallia Palace di Punta Ala prima di arrivare da Aimo e Nadia, con un breve excursus durato tre anni dove ha consolidato la sua formazione: due anni al Domaine de Châteauvieux a Ginevra e un anno al ristorante Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio. Oggi da Aimo e Nadia c’è il sud e il nord d’Italia ma soprattutto un grande legame di vita e di professione. Accade dal 2005 quando Alessandro tornò nel Luogo di Aimo e Nadia, portando con sé Fabio e la voglia di intraprendere un progetto con Stefania: costruire il futuro della terza generazione di questo Luogo. Quell’anno, il 2005, Alessandro e Fabio trovarono al Luogo di Aimo e Nadia anche un altro Nicola Dell’Agnolo, maître di sala che difende per intero una grande tradizione d’accoglienza. Nacque in provincia di Pordenone il bravo maître, nel 1971, e oggi vanta una lunga esperienza maturata tra Italia, Svizzera, Francia e Inghilterra. Dall’hotel Nassauer Hof in Germania, passando per il The Dorchester, The Connaught e La Tainte Claire di Londra.
Si scrive che Nicola Dell’Agnolo è “attento e rispettoso e che negli anni ha fatto suo il modo di accogliere gli amici e i clienti di Aimo. Non sarà stato un caso che nell’ottobre del 2015 Nicola Dell’Agnolo abbia ritirato il “Premio all’ospitalità d’eccellenza Fraizzoli” conferito da Paolo Massobrio e Marco Gatti. Nel gruppo che oggi guida il Luogo di Aimo e Nadia, dal marzo del marzo 2014 c’è anche il sommelier Alberto Piras, “nato a Milano nel 1986, con un’ampia esperienza presso importanti ristoranti in Italia e all’estero: Il Lago del Four Season’s Hotel des Bergues di Ginevra, il Vino d’Enrico Bernardo (miglior Sommelier al Mondo), a Parigi, Sadler e Cracco a Milano.
La cucina da Aimo e Nadia è un perfetto connubio. Doveva raccogliere l’eredità della ricca storia di famiglia che è anche un tesoro della gastronomia nazionale, che si compone di profumi e sapori, di tecniche antiche e nuovissime. Ma occorreva anche arricchirla stratificandola con nuovi significati e segni. L’hanno definita, loro stessi, “una cucina “italiana” viva, non di tradizione né di innovazione, in cui coesistono una speciale attenzione alla storia che il prodotto porta con sé, un accurato lavoro di ricerca sul prodotto, sulle tecniche di lavorazione, una grande cura affinché nel piatto finito possano ritrovarsi quelle qualità e quella ricca storia che caratterizzano le migliori materie prime della nostra penisola.” Piatti dall’apparenza semplici ma abilmente strutturati nei profumi e nel gusto in grado di raccontare qualcosa anche dopo averli assaggiati all’infinito. Sarà utile riproporre un video dove tutto ben si racconta una giornata di lavoro da Aimo e Nadia, una cucina, una ricetta e alcuni ingredienti che sanno documentare quel che abbiamo letto.
Il viaggio tra i colori, i piatti e soprattutto i menù che un buongustaio può trovare da Aimo e Nadia è una scoperta che faremo con grande piacere. Capire cosa è, per esempio, il “menù dei territori” che tanto in sintonia è con la filosofia di “grandichef.com”. Un menù che propone “prodotti eccellenti, produttori appassionati, biodiversità, ecosistemi, storia della gastronomia italiana, patrimonio culturale materiale e immateriale: 10 portate che raccontano il lavoro a più mani tra i fornitori, i cibi che giungono, talvolta, in quantità esigue, e i cuochi che giornalmente trovano nuove forme a questa straordinaria ricchezza e varietà. Il “menù grand tour in Italia” invece propone alcuni piatti che da Aimo e Nadia hanno fatto la storia. Una burrata” di taleggio della Valsassina con radicchio tardivo di Treviso, cicoria Milano, barbabietola e rafano. Uno stoccafisso ragno mantencato all’olio extra vergine di oliva in raviolo croccante di pane di Matera con rapa bianca all’aceto di mele. E poi, spaghettoni di grano duro di Benedetto Cavalieri al cipollotto fresco e peperoncino con filo d’olio e basilico ligure. Scamone di vitella di montagna in salsa di alici di Cetara con cavolo di Creazzo. Si chiude in dolcezze con un Tirami-sud: crema allo yogurt e mascarpone, biscotto al caffè ricotta al bergamotto e capperi di Pantelleria canditi al miele. Appena 95,00 per viaggiare tra grandi sapori italiani. Chi invece vorrà capire davero qualcosa di più della storia di Aimo e Nadia passata, presente e futura dovrà chiedere il menù delle “le delizie del luogo” che ha un piccolo assaggio chiamato prologo. E poi, gamberi ‘viola’ di Sanremo marinati al sale di Mothia con cetrioli Carosello, carote di Polignano e profumo di anice stellato. Scamone di vitella di montagna in salsa di alici di Cetara con maionese di mandorle di Toritto. Zuppa etrusca con verdure dell’orto, legumi e farro della Garfagnana erbe aromatiche e fiori di finocchio selvatico Capesante nostrane in leggera affumicatura, salsa di corallo, radicchio rosa di Gorizia e capperi di Pantelleria croccanti. Minestra di pasta mista (Gerardo di Nola) con pesce di paranza, pomodorini pugliesi, sedano e limone canditi. Fettuccelle di farine di grano (Carosella del Pollino) e ceci con colombaccio, nocciola Tonda Gentile, tartufo nero di Norcia e parmigiano stravecchio. Controfiletto di vitella Fassona di montagna in panure alla camomilla e cipolla di Tropea, con carote all’aceto di lamponi. Si prosegue con il formaggio, il predessert e la bernina: ricotta ovina soffiata, gelato al ginepro, caramello salato e crumble ai frutti di bosco.
Un viaggio a Milano val certamente un passaggio al Luogo di Aimo e Nadia per conoscere un gruppo di lavoro ma anche l’evoluzione di una storia che prese avvio più di mezzo secolo fa grazie a due italiani intreprendenti e tenaci di nome Aimo e Nadia.