di valeria giannini | sommelier *
In epoca di quarantena e di forzoso distanziamento sociale ho ritenuto inopportuno trattare l’abbinamento cibo-vino per il pranzo di Pasqua. Molti infatti hanno dovuto trascorrere le festività isolati dal resto del mondo, con il risultato che discettare su questioni enologiche sarebbe stato certamente fuori luogo, ma adesso che all’orizzonte si profila un allentamento delle restrizioni è indispensabile ritrovare una sana vena di ottimismo tornando gradualmente alla normalità, e il mese di Maggio mi offre indubbiamente la più ghiotta delle occasioni.
A Roma, ma non solo, è consuetudine unire le scampagnate di primavera inoltrata con gustosi pic-nic, un modo gioioso di trascorrere la giornata con i propri cari godendosi appieno la loro compagnia e il tepore del sole. In previsione della fine del “lockdown” e di quella che sarà certamente una grande festa nazionale per la ritrovata libertà di movimento, mi si offre quindi l’imperdibile occasione di analizzare il miglior abbinamento di vino con pecorino e fave.
La tradizione più radicata non prevede altri ingredienti per questo piatto estremamente semplice, solo una ripetitiva alternanza di bocconi, una tenera fava sgusciata seguita da un tocchetto di pecorino romano il cui sapore forte e deciso è smorzato dalla dolcezza del legume fresco, occasionalmente intinto in olio di oliva rigorosamente extravergine.
Il Pecorino Romano Dop – leggiamo sul disciplinare di produzione – è prodotto esclusivamente con latte di pecora, fresco e intero. La sua stagionatura si protrae per almeno 5 mesi nel caso del formaggio da tavola, e per almeno 8 per il formaggio da grattugiare. Il sapore è aromatico, lievemente piccante, fortemente sapido e la percentuale di grasso non è inferiore al 36%.
Con un boccone di tal fatta ci vorrà certamente un vino di ottima struttura che dovrà bilanciare: aroma, persistenza, grassezza e sapidità. Quindi un sostanzioso vino rosso sarebbe necessariamente appropriato… ma siamo sicuri che questa scelta sia convincente? A dire il vero non molto … e questo perché le fave giocano un ruolo fondamentale sul risultato complessivo del piatto, seppur semplice.
I semi di questi baccelli dolci, rinfrescanti, esili e con un aroma erbaceo delicato, già compensano in parte l’impatto robusto del pecorino. Affiancare le fave con un vino rosso strutturato le farebbe inesorabilmente scomparire e dunque si perderebbe il pregio dell’abbinamento che deve essere sinergia ed esaltazione dei sapori di ogni singolo ingrediente!
Il piatto infatti manifesta nel suo insieme, oltre alle caratteristiche già descritte per il formaggio, anche una preponderante tendenza dolce apportata dalle fave che, unitamente alla grassezza del pecorino, invocano a gran voce l’abbinamento con un vino che sia ben fresco, ovvero dotato di grande acidità come può esserlo un vino bianco. Sebbene anche la sapidità del vino si presti generalmente a bilanciare questi aromi, la presenza del pecorino, già estremamente sapido, probabilmente non lo renderebbe la scelta migliore.
Tuttavia c’è un’altra caratteristica del vino che ben si sposa con grassezza e tendenza dolce: l’effervescenza, e dunque perché non considerarla come una valida opzione? Intendiamoci, non sto suggerendo della semplice Romanella, ma piuttosto qualche ottimo spumante italiano, magari ottenuto da uve rosse che gli possano conferire una struttura decisa, in grado di competere con l’esuberanza del pecorino!
Ad esempio un Roccapietra Zero, un piacevole spumante metodo classico dell’Oltrepò Pavese: nella sboccatura 2019 riscontriamo un perlage fine e persistente che arricchisce un brillante colore dorato. Al naso sprigiona sentori maturi di mela cotta, arancia candita ed erbe officinali. Al gusto è ricco, corposo, con una bollicina cremosa che accarezza il palato. Insolitamente morbido, sorprendentemente avvolgente e di lunga persistenza.
In alternativa, ed anche per restare all’interno dei confini della tradizione, proverei l’abbinamento con un grande vino romano: il Fiorano Bianco.
Di un brillante e dorato paglierino, sprigiona variegati sentori che spaziano dalla frutta dolce a quella agrumata del cedro, dalle spezie, come lo zenzero e il pepe bianco, e dalla mandorla, fino alle erbe aromatiche come la salvia e alla nota di ostrica. In bocca è quasi solido. Il gusto fresco ha una notevole densità tattile che avvolge la bocca con intensi aromi di agrumi delicati e di mandorle. Si dilegua lentamente, lasciando lunghissimi e salmastri echi marini, unitamente al forte desiderio di godersene un altro sorso, e poi un altro ancora.
* valeria giannini | sommelier
Entusiasta appassionata di vino, le piace approfondire sia la parte sensoriale della degustazione sia la conoscenza teorica e culturale della materia. Diplomata Sommelier, Degustatrice Ufficiale e abilitata all’insegnamento della Lezione “Abruzzo, Molise e Campania” per l’Associazione Italiana Sommelier, ha alle spalle anche un’esperienza giovanile come barmaid. Ha conseguito diversi titoli accademici legati all’ambiente, alla nutrizione e alla gastronomia: Laurea Specialistica in Scienze della Nutrizione Umana presso l’Università di Tor Vergata; Laurea triennale in Scienze dell’Alimentazione e Gastronomia presso l’Università San Raffaele di Roma; Laurea quinquennale in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio presso l’Università La Sapienza di Roma.