di francesco de rosa |
Ad un anno e due mesi dall’inizio di una pandemia che ha già cambiato il mondo, la crisi della ristorazione italiana è una crisi senza fine. A febbraio 2021 si stimava già che fossero stati persi altri 11 miliardi di euro nel quarto trimestre 2020. Da ottobre a dicembre 2020 il fatturato è crollato (-44%). Le perdite nell’anno solare 2020 son salite così a 34,6 miliardi. E Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) diceva già due mesi fa “riapriamo o andiamo in default!“. C’era un chiaro motivo dietro quella richiesta per una graduale riapertura dei ristoranti. Si voleva e si vuole evitare a tutti i costi l'”abisso senza fine” che si sta profilando.
“Siamo davanti – aveva già commentato Fipe/Confcommercio – ad un abisso apparentemente senza fine: con fine marzo 2021 si chiuderà, con ogni probabilità il quinto trimestre consecutivo con segno negativo per un settore che rappresenta, più di ogni altro, l’italianità. Un settore che, oltre a dare lavoro direttamente a 1,3 milioni di persone, rappresenta il terminale essenziale della filiera agroalimentare. Numeri che richiedono almeno una graduale riapertura per evitare che l’intero settore vada in default”.
Due mesi dopo, a governo cambiato arriva un altro, accorato, appello con un manifesto dal titolo «Adesso ascoltateci» fatto di proposte concrete per rilanciare la ristorazione. Il foglio vuoto mostrato da Massimo Bottura è un’ulteriore provocazione. È rimasto vuoto per riempierlo con i sogni e la cultura di tutti coloro che hanno fatto della cucina italiana i luoghi delle “botteghe” artigiane.
Intanto un anno di Covid ha messo, senza ombra di dubbio, in ginocchio l’intero settore della ristorazione che è stato il più colpito dalla pandemia. Ci sono oltre 200 mila i posti di lavoro che sono andati persi. Sono 12 mila le imprese che hanno dovuto chiudere. Davanti a tale scempio che diventa sempre più profondo non è mancato, nuovamente, ad un anno di distanza dal “tutto chiuso” l’appello che i cuochi hanno voluto rivolgere al governo guidato da Mario Draghi.
Nel corso di quella che appare come un’altalena di aperture, semiaperture e chiusure, i cuochi italiani stanno vedendo sgretolarsi anni di duro lavoro. Dacché ora chiedono di essere ascoltati. E mettono in fila, per ripartire, alcune ipotesi/proposte che portano all’attenzione del governo in un momento in cui non servono più altre promesse. Serve, invece, un’agenda precisa che dia una precisa idea di un rilancio che non può più aspettare.
Così se Angela Frendadi, Alessandra Dal Monte e Gabriele Principato auspicano «Vaccini per chi lavora in cucina e in sala», l’«Esenzione fiscale e nuovi ristori» e anche la «Revisione dei codici Ateco» altri loro colleghi propongono queste ed altre cose al premier Mario Draghi che, nel frattempo sta decidendo quello che dovrà cambiare a partire dal 26 aprile, nelle regioni color «giallo rafforzato», se si potrà pranzare e cenare all’aperto oppure no.
Tutti assieme per farsi fotografare con un manifesto sopra il quale hanno scritto le loro richieste concrete. Da Mauro Uliassi, tre stelle Michelin presso l’«Uliassi Ristorante» di Senigallia (Ancona) che chiede “vaccini subito” a Raffaele e Massimiliano Alajmo, altre tre stelle Michelin presso «Le Calandre» di Rubano in provincia di Padova che chiedono un commissario per la ristorazione.
Norbert Niederkofler, tre stelle Michelin al «St. Hubertus» di San Cassiano (Bolzano) chiede e scrive di sostenibilità «Sostenibilità è un modo di vivere. Lasciare un mondo migliore ai nostri figli. Rispetto per la natura e per le generazioni future». Chicco Cerea, tre stelle Michelin al «Da Vittorio» di Brusaporto (Bergamo) apre il varco ad una richiesta da molti suoi colleghi condivisa: «Nuovi codici Ateco poiché quelli attuali sono codici troppo vecchi e noi ristoratori – dice Cerea – siamo associati ad attività che non ci rappresentano… vanno assolutamente rivisti!». Niko Romito, anch’egli tre stelle Michelin al «Reale» di Castel di Sangro (L’Aquila) chiede di promuovere la cultura del cibo, perché è indispensabile alla salute. «Il cibo è cultura, il cibo è salute. Da oltre un anno nei miei interventi pubblici affronto il tema della necessità di rivoluzionare il paradigma della ristorazione collettiva, per dare un accesso democratico al cibo di qualità ad una platea sempre più ampia cittadini: dai malati in ospedale, fino ai ragazzi nelle scuole. Perché un cibo buono e salubre può migliorare la qualità della vita della persone, abbattere i costi sociali legati al malnutrizione, informare le famiglie sulla corretta alimentazione. Questo anno di pandemia ha dato il via ad una transizione e ci ha indicato una nuova strada per il futuro».
Davide Oldani, due stelle Michelin al «D’O» di Cornaredo (Milano) chiede anch’egli nuovi codici Ateco. «La mia richiesta per la revisione dei Codici Ateco è dettata dal fatto che, all’interno del comparto ristorativo, ci debba essere una chiara distinzione tra le varie attività che vanno dalla trattoria, alla tavola calda, alla pizzeria, alla paninoteca, sino al ristorante». Più a sud d’Italia Ernesto Iaccarino, due stelle Michelin presso il «Don Alfonso 1890» di Sant’Agata sui due Golfi (Napoli) chiede un vaccino subito e dice che «Vaccinare subito gli operatori del turismo, per due ragioni fondamentali. Siamo gli unici operatori che lavorano a contatto con clienti che sono senza mascherina, quindi a grosso rischio di contagio: è necessaria sicurezza sul luogo di lavoro. L’altra ragione è che siamo stati il settore più colpito da un punto di vista economico dal Covid 19».
Giancarlo Perbellini, due stelle Michelin a «Casa Perbellini» a Verona va più nel dettaglio e chiede un recupero fiscale dei costi fissi. «I ristori – dice Giancarlo – sono arrivati, ma non rappresentano un provvedimento sufficiente. Lo stato di crisi pandemica perdura, tutto va al rallentatore: sono passati quattro mesi dall’ultimo decreto e non è stato predisposto il recupero fiscale, non c’è alcun sostegno nei confronti delle spese fisse che gravano ogni mese come se niente fosse. Io ho nove ristoranti con 90 dipendenti e nonostante gran parte dei locali siano chiusi, sto pagando le spese di acqua, luce gas e affitti. I ristori arrivati a gennaio e febbraio riguardano gli importi dello scorso anno, ma i contributi sulle tredicesime di quest’anno sono stati pagati e non c’è stato nessun aiuto. Inoltre, per quanto riguarda la cassa integrazione, risulta un vuoto normativo di cinque giorni. Il decreto precedente poneva la scadenza il 25 marzo scorso, il nuovo decreto parte dal primo di aprile. Cose del genere non dovrebbero succedere, sono assurde. Capisco tutte le difficoltà di una complessa crisi sanitaria, ma ormai, a distanza di un anno, i problemi rimangono sempre gli stessi mentre c’era tutto il tempo per porvi rimedio con intelligenza e senso pratico. Abbiamo cercato più volte di confrontarci direttamente. Adesso si parla di aprire i ristoranti con plateatico e quelli che non ce l’hanno cosa fanno, stanno a guardare? Un ristorante gourmet come “Casa Perbellini” ad esempio non può fare servizio all’aperto e continuare a tenerlo chiuso significa avere dei costi altissimi, ormai insostenibili».
Da Modena Massimo Bottura, il tre stelle Michelin pluripremiato dell’«Osteria Francescana» lascia un cartello vuoto e parla del sogno. «Un cartello giallo come la carta rinascimentale. E vuoto, perché da riempire con i nostri sogni che nessuno ci toglierà mai. Io in qualità di chef e di uomo voglio essere parte della rivoluzione, della rinascita di un Pianeta, di un Paese, di un settore, di una storia. Il sogno non me lo farò portare via. Abbiamo l’occasione di uscire da questo periodo ancora più forti, ancora più determinati, ancora più consapevoli. In questo modo saremo sulla strada del nuovo Rinascimento».
Valeria Piccini, due stelle Michelin, «Da Caino» a Montemerano (Grosseto) chiede semplicemente rispetto e lo dice senza mediazioni. «Siamo stanchi – dice – di un anno in cui il nostro settore è stato massacrato e dimenticato. Chiediamo di poter riaprire le nostre attività, pur consapevoli che il periodo non è ancora felice: ma noi garantiamo il rispetto di tutte le norme di sicurezza, per offrire ai nostri clienti un’esperienza che da sempre ci contraddistingue».
Pino Cuttaia, due stelle Michelin presso «La Madia» a Licata (Agrigento) e Max Mascia, due stelle Michelin al «San Domenico» di Imola ribadiscono la richiesta di nuovi codici Ateco mentre Gaetano Trovato, due stelle Michelin presso il «Ristorante Arnolfo» che abbiamo raccontato su grandichef.com a Colle di Val d’Elsa (Siena) chiede la continuità lavorativa, comunicazioni chiare ed anticipate.
I volti e le richieste sono tante altre. Alcune identiche, altre affini, Tutte molto concrete. C’è Giuliano Baldessari dell’«Aqua Crua» di Barbarano Vicentino e Luca Abbruzzino, una stella Michelin al «Ristorante Abbruzzino» a Catanzaro. C’è Viviana Varese, una stella Michelin presso «Viva» a Milano che chiede una data per ripartire e dice «Vogliamo tornare al lavoro in sicurezza, siamo in grado di farlo: diteci quando, almeno possiamo organizzarci e vedere la luce in fondo al tunnel». E c’è Caterina Ceraudo, una stella Michelin, al «Dattilo» di Crotone. «La richiesta che intendo rivolgere al Governo – dice – è di aver rispetto del nostro lavoro e di dimostrarlo permettendoci di riaprire le nostre attività, nel rispetto certo delle normative, ma con serietà. Non intendiamo chiedere ristori o sussidi, ma la possibilità di esercitare il nostro lavoro che abbiamo intrapreso con passione e che cerchiamo di portare avanti ogni giorno con amore, nonostante le difficoltà che questo periodo comporta». Le fa eco Andrea Berton, una stella Michelin presso il «Ristorante Berton» di Milano. «Dopo un anno veramente complicato per il nostro settore, che nessuno aveva mai vissuto prima, quello che serve – dice Berton – sono solo i soldi a fondo perduto per pagare le spese e i costi fissi e non per guadagnare, ma per non affondare, come avviene negli altri Paesi dell’Europa. Perché volontà, energia, entusiasmo, fantasia e professionalità le abbiamo e le metteremo noi».
Il gruppo è foltissimo. L’appello hanno sentito di farlo in tantri altri che vivono da anni nella enogastronomia italiana e fanno grande la nostra cucina. Richieste chiare, concrete che hanno scritto con il pennarello su dei fogli di carta e le hanno inviate dalle loro dimore, cucine chiuse o luoghi di casa più privati. Accomunati da un hashtag che recita #UnitiPerRipartire che il Corriere della Sera ha voluto promuovere e sostenere per continuare quello stesso dialogo tra gli chef stellati e le istituzioni avviato sin dallo scorso novembre con l’incontro tra Massimo Bottura e l’ex presidente del Consiglio Conte seguito a dicembre da una lettera aperta di nove chef stellati pubblicata sullo stesso quotidiano.
«I governi dell’ultimo anno hanno evidenziato la loro assoluta lontananza dal mondo della ristorazione Italiana, dimostrando che tutto il comparto che rappresenta la cucina Italiana non è strategico, determinando un danno enorme sia alle aziende sia al tessuto sociale dei lavoratori del settore. Richiediamo la nomina di un Commissario straordinario per la cucina italiana che si sieda al tavolo del Governo e aiuti a definire una strategia per la rinascita della ristorazione italiana. Un esempio? Carlin Petrini… ».
La lettera, all’epoca, fu firmata, oltre che da Bottura, da Massimiliano Alajmo, Chicco e Bobo Cerea, Ernesto Iaccarino, Antonia Klugmann, Norbert Niederkofler, Davide Oldani, Niko Romito, Antonio Santini.
Oggi l’iniziativa si è allargata, e il nuovo «Manifesto per la ripartenza della ristorazione italiana» è in progress. Vi hanno aderito cuochi di ogni parte d’Italia, stellati e non. Persino osterie e luoghi del cibo di qualità. Da Nord a Sud per mettere assieme oltre 50 testimonianze. Servirà a scuotere la politica per non far piovere sulla cucina italiana altri ed ulteriori danni oltre quelli già subiti? Riuscirà un settore strategico per l’economia e la storia italiana a rialzarsi e a ripartire. Attorno a questo auspicio muoveremo nelle prossime settimane ogni energia anche noi di grandichef.com per sostenere e divulgare la loro e la nostra battaglia.