Dal blog di Serena Di Battista riportiamo volentieri la recensione del libro di Serena Guidobaldi dal titolto Cibo e identità.
di serena di battista
Ho letto di recente Cibo e identità di Serena Guidobaldi edito da Eris e devo dire che ho letteralmente, scusatemi il gioco di parole, divorato questo libro. Ve lo racconto: ecco la mia recensione.
Cibo e identità: L’identità nell’epoca della sua riproducibilità gastronomica è un saggio di circa sessanta pagine scritto da Serena Guidobaldi e edito da Eris. Fa parte della collana BookBlock curata da Rachele Cinerari e che raccoglie brevi saggi in formato tascabile e economico, volti a affrontare temi complessi della nostra società ma affrontati con un linguaggio accessibile a tutt*. Questo in particolare si legge davvero in un’oretta o poco più ed è una lettura estremamente interessante, tutta dedicata a riflessioni che riguardano il nostro rapporto con il cibo su più livelli.
Dal concetto di food village a quello di Mindful Eating, dal linguaggio che usiamo alla retorica della “food experience”. Come viviamo, e come ci raccontiamo il cibo, oggi?
Cibo e identità: il linguaggio
Interessantissima la parte iniziale sul linguaggio e in particolare, per me che non sono addetta ai lavori, estremamente utile riflettere sulla differenza tra “teoria e pratica” per quanto riguarda alcune parole legate al cibo: artigianale, tradizione, autentico. L’autrice ci porta a interrogarci su un fatto molto semplice in realtà: queste parole, protagoniste della retorica sul cibo, che leggiamo e ascoltiamo quotidianamente, conservano ancora la loro pienezza di significato o sono soltanto involucri svuotati di contenuto ma che strizzano l’occhio a una narrazione forzata?
Quanto può essere autentico un sapore se lo si costruisce e pianifica ad hoc? Quanto può essere artigianale un prodotto se le varie normative permettono di appropriarsi di quella definizione anche senza che il prodotto sia effettivamente prodotto artigianalmente? Che senso ha la corsa alla tradizione se serve solo per poter scattare qualche foto da servire su Instagram? Parla come mangi: identità, tradizione e hashtag.
Altrettanto stimolante la riflessione su identità e tradizione, e su quanto la retorica della “food experience” sia sempre più pressante e invasiva. Le contraddizioni sono davvero infinite: cercare di applicare a tutti i costi schemi e vissuti che non ci appartengono più, o almeno non integralmente, e il tentativo dunque di ricrearli fa necessariamente perdere la verità del momento. La continua produzione di “contenuti indistinguibili con pretese di unicità” vanifica l’essenza stessa della ricerca di prodotti autentici.
Più produciamo prodotti dei quali esaltiamo la qualità originaria, genuina, più li uniformiamo e collochiamo in ambienti omologati, cocoon culturali preconfezionati, replicabili e controllabili.
In sostanza: dov’è che stiamo correndo, cos’è che stiamo cercando, in cosa ci rispecchiamo veramente e ci identifichiamo davvero quando si tratta di cibo? Un saggio assolutamente interessante per soffermarsi a riflettere su qualcosa che è una parte fondamentale delle nostre vite ma con la quale evidentemente stiamo perdendo il contatto.